Io sono venuto perché abbiano la vita … in abbondanza. Commento di Marco Panzeri al vangelo della IV domenica di Pasqua, A, 30 Aprile 2023

Oggi celebriamo la quarta domenica di Pasqua, giornata mondiale di preghiera per le vocazioni.

La liturgia ci offre i primi 10 versetti del capitolo 10 del vangelo di Giovanni.

Ciò che attira la mia attenzione e che mi ricolma di gioia è l’ultimo versetto: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. Gesù è venuto per la mia vita piena, abbondante, gioiosa. Non per quel minimo senza il quale la vita non è vita, ma quella esuberante, eccessiva, che rompe gli argini e tracima, fatta di libertà e coraggio.

Ed è proprio la parola “vita” a rendere inconciliabili il pastore e il ladro: il ladro viene per rubare, uccidere e distruggere; il pastore per dare la vita in abbondanza.

Il pastore chiama le sue pecore, ciascuna per nome. L’eccedenza di Dio. Quale pastore ha dato un nome a tutte le pecore? Ad alcune sì, magari a molte, ma le centinaia di pecore del suo gregge, chi può distinguerle e ricordarle? Chi perde tempo a recitare ogni mattina tutta la litania dei loro nomi, anziché un solo fischio o un richiamo unico per tutte?

Ma è proprio scritto così: le chiama ciascuna per nome. Per noi il gregge è anonimato, fine dell’identità, omologazione. Per Gesù, no: mi da tempo, dice il mio nome, gli sto a cuore, non mi confonde con nessun’altro.

E le conduce fuori. Anzi, «le spinge fuori». Non in un altro recinto magari più grande, ma fuori per spazi aperti. “Io sono la porta”, così si definisce Gesù. Non eleva muri o steccati a dividere; Cristo è passaggio, apertura, pasqua, breccia di luce, vita che entra ed esce. Pastore pieno di futuro, porta dell’amore leale e sicuro (“chi entra attraverso di me si troverà in salvo”), più forte di ogni prigione (“potrà entrare e uscire”), dove placare la fame e la sete della storia (“troverà pascolo”).

E cammina davanti alle pecore. È un Pastore apripista, che non sta alle spalle a richiamare e ad agitare il bastone, non è un cane da pastore che deve tenere in riga le pecore. Non gli interessa. Le pecore stanno in riga perché intravedono davanti uno di cui hanno fiducia, vedono la strada che fa, sanno che è sicura, sanno che in fondo a quella fila c’è profumo di vita. E Gesù si definisce come porta: non un muro, o un vecchio recinto, dove giri e rigiri e torni sui giri di prima, non un guinzaglio, né corto né lungo. Cristo è porta aperta, buco nella rete, breccia nel muro, passaggio, transito, spazio per il cuore.