Chi è costui, che anche il vento e i mari gli obbediscono? (XII domenica del Tempo Ordinario, di p. Giuseppe Adobati)

Siamo di fronte ad uno dei brani di vangelo più significativi e anche più immaginativi perché ci riporta a momenti drammatici vissuti dai discepoli. Questo racconto al termine di una giornata che Gesù aveva vissuto per annunciare le parabole, in particolare quella del seminatore sottolineando la presenza misteriosa del regno di Dio, che è un regno che pur non così evidente eppure è all’opera. Le parole di Gesù suscitano l’ascolto e la fede.

Gesù poi in maniera forse improvvisa invita i discepoli ad andare dall’altra parte del lago. Questo significa andare verso i pagani perché dall’altra parte del lago c’erano le popolazioni non ebree,

Durante il viaggio si trova l’esperienza della tempesta. Gli eventi naturali sembrano parlare da soli: i discepoli sono con Gesù nella barca e a un certo punto entrano in scena queste forze della natura che sconvolgono la barca e creano un senso di disorientamento totale

Abbiamo i due atteggiamenti da una parte con chiarezza emerge la serenità di Gesù che dorme e dall’altra i discepoli agitati. La reazione di Gesù è vero disinteresse? Il suo atteggiamento nei confronti dei discepoli non vuole certamente che siano perduti. Allora Gesù fa tacere le forze della natura e poi chiede ai discepoli perché non hanno fede e nutrono paura.

In questa domenica possiamo domandarci cosa in fondo ci fa paura anche a noi: il vento, il mare, tutto ciò che si agita in noi, tutto ciò che rende la nostra vita a volte piena di fantasmi o di timore. Ebbene tutto questo dobbiamo leggerlo, viverlo, affrontarlo con lo spirito da figli, che è lo spirito di chi si sente sempre sotto lo sguardo benedicente del Padre!

Lo aveva ben capito il nostro fondatore San Paolo della Croce che così si esprime in una sua lettera:

Dio sia benedetto, sono in molti combattimenti ma Dio non li fa conoscere all’esterno. Spesso sin dal dormire prego e tremo, tutto quanto, mi sveglio e ciò però sono degli anni che spesso sono in questo misero stato.

eppure questo mi pare nulla di fronte alla gran croce che da anni provo senza conforto, anzi mi pare una grandine che vendemmia ogni cosa, e resto come uno per lo più che sta nel profondo del mare in una fiera tempesta senza avere chi mi porga una tavola per fuggire il naufragio, né dall’alto ne dalla terra. Che ve ne pare vostra riverenza di questo misero peccatore in tale tremendissimo abbandono? Pure vi è un lumino di fede e di speranza ma così piccolo che appena me ne accorgo! O dio o dio, che ne sarà di me!