«Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». (commento di P. Marco Staffolani, nella XIII domenica del T.O)

Il vangelo di oggi propone l’intreccio tra due miracoli. La guarigione della emorroissa e della figlia di Giairo. Due guarigioni nello stesso vangelo, stanno ad indicare che la potenza di Dio non ha limiti. Gesù compie con questi gesti la sua opera di salvezza. Questi segni però non devono essere interpretati solo come prodigiosi o peggio come evento spettacolare. Tutt’altro, essi rappresentano l’esito finale della nostra fede. Confermano che il nostro chiedere provoca la risposta di Dio. Siamo ascoltati. E’ la fede che produce il miracolo e non viceversa. Dio non vuole comperarci o costringerci facendoci vedere cosa può fare per noi.

Nel libro della Sapienza ci viene ricordato il progetto originario di Dio, un progetto di bontà, nel quale è entrata la morte a causa del maligno e della scelta corrotta dei nostri progenitori e di quanti ancora oggi aderiscono al male:

Dio non ha creato la morte
e non gode per la rovina dei viventi.
Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano;
le creature del mondo sono portatrici di salvezza,
in esse non c’è veleno di morte, …
Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo
e ne fanno esperienza coloro che le appartengono
” (libro della sapienza)

Se vogliamo superare la nostra condizione di peccato, e la morte che ne consegue, Papa Francesco riflettendo ci pone in modo serio davanti alla persona di Gesù:

«Io vi domando: ognuno di voi si sente bisognoso di guarigione? Di qualche cosa, di qualche peccato, di qualche problema? E, se sente questo, ha fede in Gesù? Sono i due requisiti per essere guariti, per avere accesso al suo cuore: sentirsi bisognosi di guarigione e affidarsi a Lui. Gesù va a scoprire queste persone tra la folla e le toglie dall’anonimato, le libera dalla paura di vivere e di osare. Lo fa con uno sguardo e con una parola che li rimette in cammino dopo tante sofferenze e umiliazioni. Anche noi siamo chiamati a imparare e a imitare queste parole che liberano e questi sguardi che restituiscono, a chi ne è privo, la voglia di vivere. (Angelus, 1 luglio 2018)