Abbi pietà! Commento di Marco Pasquali al vangelo della XXVII domenica T.O. Anno C, 9 Ottobre 2022

Le parole con le quali i dieci lebbrosi catturano l’attenzione di Gesù sono quasi le stesse che il nuovo messale ha introdotto e che ha inviato a professare all’inizio di ogni celebrazione. Infatti nel testo greco i lebbrosi dicono “Ἰησοῦ, ἐλέησον”, mentre noi riconoscendo la divinità di quel Gesù ci rivolgiamo a lui dicendo “Kύριε ἐλέησον”  che una volta dicevamo tradotto in italiano “Signore pietà”. 

La liturgia ambrosiana – quella usata nella diocesi di Milano – già da molto tempo usava le parole greche invece di quelle italiane, ma perché ora anche il Messale romano ci invita ad usarle nella versione originale? E’ forse una moda per rendere la liturgia un po’ più chic? 

In realtà questa scelta nasce dal desiderio di trasmettere il senso che il vangelo dava a questa espressione, solo parzialmente veicolato dall’italiano “avere pietà”. (mettere espressione francese!) 

Infatti con “pietà” intendiamo quel sentimento che nasce di fronte alla vista di una persona in qualche modo inferiore o in difficoltà che muove chi la prova a una sorta di partecipazione e commozione. 

Questo ha trovato molte sfumature nella tradizione europea, che vanno dalla nobiltà d’animo comunicata dalle varie “Pietà” (rappresentazioni pittoriche o scultoree) dove la Madonna e altri personaggi partecipano alla passione del Cristo accogliendo e custodendo il corpo esangue del Cristo, fino alla tragicomica espressione di Fantozzi che di fronte alla forza e prepotenza di coloro che a lui sono superiori per intelligenza, prestanza o semplice stato sociale invoca un sussurrata espressione che ci fa sorridere: “come è umano lei … abbia pietà”. 

Comunque la si veda è un movimento dal basso verso l’alto dove si invoca una benevolenza che da sola non sembra arrivare. Invece il verbo originale greco ἐλεέω, indica il movimento opposto: parte dall’alto, cioè da Dio che è misericordioso, e proprio per questo si fa affidamento a lui che saprà far scampare la persona dal problema che ha di fronte. 

Più che una richiesta di aiuto è una professione di fede in Dio che non resta chiuso nella sua grandezza, ma si china sulle sue creature per condividere con loro i suoi doni. 

Non diciamo allora “Signore pietà” per impietosirlo di fronte ai nostri mali in modo da ottenere da lui una sorta di “lasciapassare” per evitare i problemi, quasi che se non lo discesismo non otterremmo da lui suoi favori e ci tratterebbe con indifferenza. 

E’ invece la dichiarazione del fatto che confidiamo in lui che è pieno di pietà e questo è la fonte della nostra gioia e sicurezza nel nostro procedere. 

Tornando all’immagine della Pietà allora, questa espressione viene visivamente tradotta dalla figura di Maria che testimonia così il volto materno di Dio, che sostiene quel Cristo che ha preso su di sé tutti nostri problemi e malattie e ci assiste sempre in questo perenne abbraccio benedicente.