Testimoni del Crocifisso. La missione passionista a 250 anni dalla nascita del carisma
Riflessione a cura di p. Maurizio Buioni cp

A 250 anni dalla morte di San Paolo della Croce (1775–2025), fondatore della Congregazione della Passione di Gesù Cristo, il suo carisma continua a bruciare come fuoco vivo nel cuore della Chiesa. Non celebriamo un semplice anniversario, ma un’occasione di discernimento: siamo chiamati a custodire il fuoco della Passione, non le sue ceneri. Come ha detto Papa Francesco: “La tradizione è la garanzia del futuro e non la custodia delle ceneri” (Papa Francesco, Discorso alla Curia Romana, Libreria Editrice Vaticana, 2014, p. 7).
San Paolo della Croce scriveva: “La memoria della Passione di Gesù Cristo sarà sempre una fonte di vita e di santità” (Paolo della Croce, Lettere spirituali, Edizioni Passioniste, 1991, p. 312). Questa memoria non è un semplice ricordo, ma una presenza viva, che interpella ogni generazione. La Passione è il cuore del Vangelo, la rivelazione dell’amore radicale di Dio per l’umanità. È il linguaggio con cui Dio parla al mondo ferito.
In un tempo segnato da guerre, ingiustizie, crisi ecologiche e spirituali, il carisma passionista si rivela più che mai attuale. Anche il pontificato di Leone XIV, primo papa agostiniano e statunitense, ha mostrato particolare attenzione alla dimensione contemplativa della missione. Le sue parole “In Illo uno unum” richiamano l’unità nel Crocifisso, cuore pulsante della spiritualità passionista. Il Papa ha invitato la Chiesa a “abitare il silenzio, ascoltare il dolore e offrire consolazione”, in profonda sintonia con la vocazione passionista.
Hans Urs von Balthasar afferma: “La gloria di Dio si manifesta nella debolezza del Crocifisso” (Hans Urs von Balthasar, Gloria. Una estetica teologica, Jaca Book, 2001, vol. VII, p. 45). La Croce non è scandalo da nascondere, ma luogo di rivelazione. È lì che il dolore umano incontra la misericordia divina.
La missione passionista oggi si gioca nelle periferie esistenziali, accanto ai crocifissi della storia. Leone XIV ha incoraggiato i religiosi e le religiose a “non temere il deserto, perché è lì che Dio parla con più forza”. Questa esortazione illumina la missione passionista, chiamata a essere presenza viva del Cristo sofferente nel mondo. Leonardo Boff ci ricorda: “La spiritualità cristiana nasce dal grembo del dolore umano” (Leonardo Boff, Passione di Cristo, passione del mondo, Cittadella Editrice, 2001, p. 22). I Passionisti sono chiamati a essere testimoni della compassione, non solo predicatori. La loro presenza deve essere profetica, capace di leggere i segni dei tempi e di rispondere con il linguaggio della Croce.
Ma questa testimonianza esige formazione profonda. In un tempo di crisi vocazionale, è urgente formare religiosi capaci di incarnare il carisma con autenticità e intelligenza spirituale. Romano Guardini scrive: “La verità non si trasmette solo con le parole, ma con la vita” (Romano Guardini, L’essenza del cristianesimo, Morcelliana, 2005, p. 89). La vita passionista è vita di comunione, di preghiera, di missione. È una vita che si nutre della contemplazione della Passione e si traduce in azione concreta.
La comunità passionista è chiamata a essere segno di fraternità. In un mondo frammentato, vivere insieme è già annuncio. Dietrich Bonhoeffer afferma: “La comunità cristiana è il luogo dove si impara a portare il peso dell’altro” (Dietrich Bonhoeffer, Vita comune, Queriniana, 2004, p. 38). Le nostre comunità devono essere laboratori di comunione, dove la Croce si vive nella pazienza quotidiana, nella condivisione, nella solidarietà.
Il carisma passionista non appartiene solo ai religiosi. È dono per tutta la Chiesa. Chiara Lubich scrive: “Ogni carisma è luce per tutta la Chiesa, non solo per chi lo riceve” (Chiara Lubich, L’unità e la Chiesa, Città Nuova, 1999, p. 112). Rendere accessibile la spiritualità della Passione a laici, giovani, famiglie è una sfida e una grazia. La Passione può diventare cammino di santità per tutti, se proposta con linguaggio comprensibile e con testimonianza credibile.
Un’altra sfida è la custodia della memoria. I Passionisti custodiscono luoghi sacri come il Santuario della Scala Santa a Roma, ma la vera custodia è spirituale. Paul Ricoeur ci insegna: “La memoria non è ripetizione, ma interpretazione del passato per il futuro” (Paul Ricoeur, La memoria, la storia, l’oblio, Raffaello Cortina Editore, 2003, p. 78). Valorizzare gli scritti del fondatore, le testimonianze dei santi passionisti, le esperienze missionarie è un atto di fedeltà e di profezia.
Il mondo contemporaneo ci chiede di essere presenti anche nei luoghi della cultura, della comunicazione, del pensiero. Leone XIV ha sottolineato che “la testimonianza cristiana deve saper parlare il linguaggio del nostro tempo, senza perdere la radicalità del Vangelo”. Charles Taylor ci invita a proporre la fede come risposta alle domande profonde dell’uomo moderno (Charles Taylor, L’età secolare, Feltrinelli, 2009, p. 112). La Passione di Cristo può diventare parola per il nostro tempo, se sapremo tradurla con intelligenza spirituale. Dobbiamo abitare anche gli spazi digitali, culturali, educativi, per portare il messaggio della Croce dove oggi si formano le coscienze.
Nel documento ufficiale La formazione passionista si riconosce che “le sfide particolari di questo tempo derivano dalla nuova cultura digitale, dall’intelligenza artificiale, dalla necessità di una formazione multiculturale e sinodale” (Congregazione della Passione, La formazione passionista, Roma, 2023, p. 6). È una chiamata a formare passionisti capaci di abitare il mondo con spirito evangelico e competenza umana.
Adolfo Lippi scrive: “Non stemperare lo scandalo della Croce. Il linguaggio della Passione è esigente, radicale, non addomesticabile” (Adolfo Lippi, Eucaristia e Croce, in La Sapienza della Croce, n. 3, 2005, p. 227). Maurizio Buioni afferma: “La giustizia, la pace e la salvaguardia del creato non sono temi accessori, ma dimensioni costitutive della spiritualità della Croce” (Maurizio Buioni, La giustizia, la pace e la salvaguardia del creato, in La Sapienza della Croce, n. 2, 2004, p. 198). Max Anselmi aggiunge: “I giovani non cercano risposte facili, ma testimoni credibili. La Croce è credibile solo se vissuta” (Max Anselmi, Giovani e Passione, in La Sapienza della Croce, n. 1, 2003, p. 45). F. Giorgini sottolinea: “La spiritualità passionista è chiamata a dialogare con le nuove forme di intelligenza, anche artificiale, per non perdere il contatto con l’umano” (F. Giorgini, Croce e cultura digitale, in La Sapienza della Croce, n. 4, 2006, p. 88).
La Congregazione stessa afferma che “la memoria della Passione è principio unificatore e conformante della vita e dell’apostolato passionista” (Congregazione della Passione, La presenza della Memoria Passionis nel processo formativo, Roma, 2016, p. 4). Questo principio deve essere incarnato in ogni dimensione: spirituale, comunitaria, apostolica.
Nel cammino sinodale che la Chiesa sta vivendo, Leone XIV ha ribadito che “i carismi non sono ornamenti, ma strumenti di comunione e missione”. “I carismi sono doni dello Spirito per l’edificazione della Chiesa e devono essere riconosciuti, accolti e integrati nel discernimento comunitario” (Segretariato Generale del Sinodo, Documento preparatorio del Sinodo 2021–2024, Libreria Editrice Vaticana, 2021, p. 14). Tomáš Halík aggiunge: “Solo una Chiesa ferita può parlare al mondo ferito” (Tomáš Halík, Pazienza con Dio, Vita e Pensiero, 2010, p. 119). Il carisma passionista, vissuto in chiave sinodale, diventa fermento di comunione e di rinnovamento.
San Paolo della Croce ci ha lasciato un’eredità che non si misura in numeri, ma in fedeltà al Crocifisso. David Maria Turoldo scrive: “Solo chi ha sofferto può parlare di Dio” (David Maria Turoldo, Il dramma è Dio, Garzanti, 1991, p. 56). Candido Costa aggiunge: “La Passione è il grembo della missione. Chi contempla il Crocifisso non può restare fermo: è chiamato a partire” (Candido Costa, Commento al Cantico dei Cantici, Edizioni CI-PI, 2005, p. 87).
Papa Francesco ha indicato che “la Sapienza della Croce deve essere declinata nei nuovi areopaghi della cultura, del dialogo interreligioso, dell’evangelizzazione digitale” (Papa Francesco, Messaggio al Congresso Teologico Passionista, 2021). E il cardinale Luis Antonio Tagle ha ricordato: “L’amore non può essere generato da un algoritmo: siamo stati influenzati dall’amore, così dovremmo influenzare gli altri amando” (Luis Antonio Tagle, Giubileo dei Missionari Digitali, 2022).
La celebrazione del 250° anniversario non è un punto di arrivo, ma un nuovo inizio. È l’occasione per rinnovare il nostro impegno, per riscoprire la forza trasformante della Passione, per lasciarci ferire dall’amore di Cristo e diventare, come Paolo della Croce, testimoni ardenti e credibili. Che il Signore ci conceda di essere, come il nostro fondatore, uomini e donne della Passione: capaci di trasformare il dolore in amore, la Croce in speranza, il mondo in luogo di redenzione.
E che il fuoco acceso da Paolo della Croce non venga mai meno, ma continui a illuminare il cammino della Chiesa e dell’umanità — anche sotto il segno di un pontificato che, come quello di Leone XIV, invita a tornare al cuore del Vangelo: il Crocifisso vivente.