“Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone” di Francesco Guerra

Domenica XXXIII settimana T. O., 19 novembre 2023

Dal Vangelo secondo Matteo 25,14-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi
beni.
A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi
partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così
anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un
solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi
hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele –
gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia
del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due
talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -,
sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un
uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e
sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e
raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando,
avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti.
Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello
che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

“Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone”
La parola talento oggi nel nostro linguaggio significa “dote naturalmente posseduta, abilità innata
nel fare qualcosa”. Questo significato gli è derivato proprio dalla parabola che abbiamo ascoltato
ora, perché il racconto evangelico invita a usare bene il dono ricevuto. In realtà al tempo di Gesù il
talento era una moneta e prima ancora era una unità di peso: circa 26 chili.
Poniamo attenzione quindi al fatto che il padrone della parabola “consegnò ai servi i suoi beni”,
consegnò loro una cifra enorme a ciascuno di loro. A noi può sembrare che il talento consegnato al
terzo servo sia qualcosa di insignificante, ma sono 26 chili d’argento che all’epoca valevano molto
più di ora.
Quindi il padrone della parabola, che rappresenta Dio, consegna ai suoi servi tutti i suoi beni perché
si fida di loro e affida loro ogni cosa. Dio si fida di noi e ci chiede la nostra collaborazione nella
costruzione di questo nostro mondo.
La cosa peggiore che possiamo fare a noi stessi e agli altri è nascondere sotto terra il talento ricevuto.
La vita ci insegna che quando noi non utilizziamo i doni naturali e spirituali ricevuti non rimaniamo
uguali a prima: no! regrediamo, diventiamo insicuri, paurosi, tristi. Utilizzando bene le nostre
qualità e i doni, diventiamo più consapevoli delle nostre capacità e ci spingiamo avanti e costruiamo
una personalità più solida e fiduciosa.
Purtroppo, però, noi possiamo anche sciupare i doni spirituali: dopo un periodo di fervore e di
impegno cristiano possiamo rinnegare tutto e tornare indietro.
Solamente utilizzando i doni si cresce. Ecco perché il padrone della parabola dà al servo che ha
utilizzato bene i suoi talenti anche il talento dell’altro.
Non è Dio che mi toglie il dono ricevuto, è la vita che me lo toglie se non l’utilizzo bene.