Vincere le tenebre
di Marco Pasquali
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava.
In questo brano dove Gesù guarisce e risana i malati della città, compresa la suocera di Pietro, troviamo diverse annotazioni temporali. Non servono a fare vedere che all’evangelista funziona bene l’orologio, ma servono a darci le coordinate per collocare quanto descritto, nel tempo che stavano tutti vivendo: queste guarigioni avvengono “quando ancora era buio”. Gesù è venuto nel mondo immerso nelle tenebre, certamente per vincerle, ma non scavalcandole, come si fa con un ostacolo che impedisce di raggiungere l’obiettivo desiderato, piuttosto per prima cosa le abita. Lo smarrimento, la frustrazione e il dolore non sono solo momenti che attraversano occasionalmente la nostra esistenza, finiscono per esse parte di ciò che siamo. Siamo abituati a leggere la malattia mentale come uno “scostamento dalla normalità”, invece che in termini esistenziali, cioè come il tentativo da parte della nostra psiche (termine preso a prestito da greco che indica l’anima) di gestire i danni provocati da un male più grande di noi quando vi ha fatto irruzione. A parte situazioni limite, la maggior parte della sofferenza del nostro mondo è legata al disagio mentale, che non è tanto espressione di “qualche rotella che manca” come si diceva una volta, ma di una reazione “normale” ad una situazione tossica per l’uomo: reggere in mano un bicchiere d’acqua lo possiamo fare, ma se siamo costretti a farlo per giorni diventa intollerabile. Se ogni uomo viene abituarlo ad autocentrarsi e chiudersi in sé stesso in tutte le sue rappresentazioni ed espressioni, si troverà all’angolo e non avrà un posto dove rifugiarsi all’arrivo di forze negative più grandi di lui. Gesù ha iniziato a salvarci abitando proprio questo buio e dal suo interno ci ha mostrato che questo è in realtà una “diabolica” bugia. Lo è nel senso più pieno del termine perché “diabolico” significa letteralmente “ciò che si frappone” e quindi separa ed isola”: Dio abitando la carne umana per prima cosa ci dice che l’uomo da solo è inadeguato rispetto a quel caotico complesso di fenomeni che chiamiamo vita, perché la sua essenza è l’essere in comunione. Ma ci dice anche che l’oscurità stessa è una menzogna, visto che in mezzo ad essa pregava il Padre. Pregare non è telefonare a qualcuno che abita in altro luogo, ma vivere intensamente un colloquio fatto di amore con chi sta con te. Pregare il Padre è il primo passo per allontanare le tenebre ed accorgersi che non solo non eravamo all’angolo, ma oggetto della presenza della cura del Creatore dell’universo.