Fu elevato in alto … sottratto ai nostri occhi … ma comunque presente fino alla fine del mondo. Commento di p.Marco Staffolani al Vangelo della Solennità dell’Ascensione al Cielo, anno A, Domenica 21 Maggio 2023.

Fu elevato …

ma è presente … fino alla fine del mondo…

Oggi è la festa dell’Ascensione! Anche se la pagina del Vangelo di questo anno non ne parla espressamente, Il fatto è narrato negli Atti degli Apostoli, che descrive l’ultimo incontro con i suoi discepoli al v. 9: «Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi».
Anche se questo “elevarsi da terra” e questo “essere sottratto agli occhi dei suoi discepoli”, può sembrare un distacco, nel vangelo risuona chiara invece una promessa: “Io sono con voi, fino alla fine del mondo”. Questa è una formula di alleanza, che risuona come quelle ascoltate nell’AT, in cui si esprime un rapporto profondo che può essere anche vissuto nella distanza fisica, cioè Gesù sta dicendo ai suoi che sarà presente nella storia in una modalità nuova, anche se ascende al Cielo.

Nell’ascensione c’è un compimento per Gesù e un compimento anche per noi.
Il compimento per Gesù è questo: egli ascende al Cielo, cioè egli va, finalmente, a godere la presenza del Padre, lui che è il Figlio Unigenito dall’eternità, per tutta la sua vita terrena ha pregato e desiderato quel Dio e gli è rimasto umanamente fedele, donando tutto. Ora si compie la promessa del Padre: Gesù è elevato! innalzato! onorato!
Gesù ci ha insegnato a dire che questo Suo Padre è anche nostro Padre e nella preghiera infatti diciamo “Padre Nostro che sei nei cieli”: li, nei cieli, si trova questo Padre e dunque non rimaniamo stupiti se Gesù ascende dove sta il Padre, questo è il compimento di tutta la sua vita per tutta l’eternità.
Per noi il compimento è il seguente: abbiamo allo stesso tempo una sfida e una speranza, dovute al paradosso della presenza e assenza di Gesù da questa terra.
E’ per noi una sfida perché il tempo che ci è dato, dopo l’ascensione, su questa terra è da vivere nell’attesa e nella fiducia, come quella delle vergini che nella parabola attendevano lo sposo: l’incontro con lo sposo non è scontato! Alcune delle vergini sono state previdenti e si sono preparate all’attesa finale, e al momento favorevole hanno raggiunto il legame eterno con lo sposo; altre, invece, sono rimaste fuori dalle nozze e hanno perso l’occasione della Vita.
Che la presenza di Dio non sia strettamente, fisicamente evidente nella storia, e che vada vissuta nell’attesa, significa che abbiamo uno spazio di maggiore libertà e responsabilità fintanto che abitiamo nel tempo: qui e ora ci è dato di credere che la signoria di Cristo sarà manifestata completamente alla fine dei tempi.
Ma questo compimento per noi è anche una speranza. Tutti i nostri sforzi umani troveranno, come lo è stato per la persona di Gesù, ristoro nella finale visione del Padre.
Chi rimane fedele,
chi cresce nel suo interiore legame con il Padre Eterno,
chi contempla e medita la vita di Gesù e il suo esito finale di glorificazione,
chi ricorda che Egli è presente ogni giorno nel mondo con il dono dell’eucarestia e della Parola,
ecco per questa persona il paradiso è già anticipato nella quotidianità, nonostante le contraddizioni del male, della sofferenza, e della morte presenti in tutti i progetti umani.

Dio abita questa storia, è entrato in essa per non farci rimanere soli e in balia dei nostri mali e problemi.
Ma ne è anche uscito, superando le gabbie del tempo e della morte, perché noi potessimo avere l’accesso all’eternità
Nell’umanità di Gesù, che ascende al cielo per l’incontro con il Padre, vi è anche l’accoglienza della nostra umanità, cioè ogni essere umano può essere accolto nel seno del Padre, nella vita eterna, nella bontà del Creatore di Tutto.
Noi che, con ardire, osiamo definirci discepoli di Gesù non dobbiamo temere o dubitare. Possiamo infatti cercare i segni della sua presenza oltre che nella liturgia, anche in mezzo ai semi del Verbo sparsi nel mondo, nelle preghiere delle persone semplici ed umili, nelle buone azioni di chi compie la carità, nel coraggio di coloro che continuano a lottare per vivere nonostante difficoltà economiche, sociali, di salute e quant’altro.
La presenza discreta e silenziosa di Gesù è spesso nascosta ma può sempre essere trovata. La speranza sta nel fatto che egli «tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo» (At 1,11). La nostra certezza riposa in queste Sue ultime parole.