Questa parola è dura! Chi può ascoltarla? (XXI domenica del T.O anno B, commento di Marco Pasquali)

Normalmente all’interno dei vangeli vediamo Gesù correggere piano piano le false precompressioni dei discepoli attraverso delle immagini che li aiutano a cambiare prospettiva. Invece quando i discepoli pronunciarono come lamentela la frase appena sentita, non solo la conferma ma rincara la dose dicendo letteralmente “se questo vi scandalizza (mette in trappola) dovreste considerare etc.”.

Lo “skándalon” era il paletto o la molla che teneva aperta la trappola e che scattava per imprigionare la preda e per estensione il significato include quello che fa cadere, quello che costituisce un inciampo. Nel linguaggio religioso del giudaismo aveva Dio come soggetto ed indicava quelle prove attraverso cui portava il suo popolo alla consapevolezza della loro mentalità errata. In questo senso la prova non serviva a Dio, visto conosce il cuore dell’uomo, ma all’uomo stesso per convincerlo del suo modo sbagliato di ragionare quindi di comportarsi. Il modo migliore per convincere una persona di qualunque cosa è metterlo di fronte alla realtà di fronte alla quale ogni teoria sbagliata è costretta a cadere. Giovanni riprende questo tema mettendo quella parola in bocca ai discepoli; quella lamentela, esprimeva questo loro sentirsi in trappola di fronte a Gesù visto che si rendevano conto dell’inefficacia di quello che pensavano fosse il modo giusto di essere e di fare. Sebbene si rendono conto che quelle di Gesù sono “parole di vita eterna” fanno fatica, ma su cosa? Per capire questa lamentela dobbiamo fare attenzione all’aggettivo da loro usato per qualificare questa parola e che noi traduciamo con “dura”: qui viene usato “σκληρός” che significa rigida, non flessibile.

La difficoltà di quello che Gesù riguarda in realtà il fatto che quello che propone loro non può essere “piegato”, cioè adattato alle loro esigenze. La loro mentalità è in realtà simile a quella degli scribi e i farisei che adattavano la verità alle loro esigenze, invece che convertirsi ad essa. Con Gesù non ci riescono, perché di fronte a loro c’è la Parola in persona e non un testo da decifrare. Questo sentirsi disarmati non è solo per causa della profondità ed importanza di quello che dice, ma dello Spirito con cui le dice che colpisce nel cuore chi lo sta ascoltando. Infatti quando si sperimenta la potenza della grazia, non si può non percepire l’inadeguatezza delle nostre precomprensioni, ma allo stesso tempo la grandezza ed il fascino del messaggio ed il suo intrinseco appello a convertirsi al esso.