Pregherò il Padre e vi darà un altro Paràclito. Commento di Marco Staffolani al vangelo della VI domenica di Pasqua Anno A 14 Maggio 2023

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 14,15-21

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Parola del Signore

Commento.

Lo Spirito che Gesù promette sarà nel discepolo (cf. Gv 14,17) diventando principio di vita interiore e interiorizzando in lui la presenza di Cristo. La sequenza di Pentecoste canta lo Spirito quale dulcis hospes animae (ospite dolce dell’anima).
La dolcezza e la tenerezza che furono di Cristo, sono anche dello Spirito che nella tradizione è stato spesso evocato con immagini materne. Lo Spirito crea nel credente una sorgente di vita, anzi, fa di lui uno spazio di vita per gli altri rendendolo capace di dare vita. Cioè, di amare.
Lo Spirito, promessa e dono del Risorto, è anche tenerezza materna. “Lo Spirito santo infatti, ci insegna a gridare o anche a sussurrare a seconda delle esigenze, la parola ‘Abbà’, comportandosi come una madre che insegna al proprio figliolo a chiamare il ‘papà’, e questo finché non arriviamo alla consuetudine di chiamare il Padre nostro celeste anche nel sonno” (Diadoco di Fotica).
Frutto dello Spirito nel credente è la vita interiore, perché anche l’amore non può sussistere senza radici interiori. E l’azione dello Spirito di Dio è l’azione materna-paterna che rende figlio il discepolo. Tanto che possiamo dire che quando Gesù afferma: “io mi manifesterò a lui”, potremmo anche intendere: “io mi manifesterò in lui”. Ovvero, l’amore del credente potrà manifestare l’amore del Signore.
Il credente diviene il testimone, creato dallo Spirito, dell’amore di Dio. Il discepolo narra il Signore attraverso la sua povera vita, lo visibilizza nella sua povera persona, lo manifesta nella sua povera e al tempo stesso grande e inestimabile perché unica, vicenda umana. Questo è dunque il frutto dello Spirito santo, che sarà pienamente mostrato a Pentecoste.