Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici (VI domenica di Pasqua, di p. Francesco Guerra)

Il nostro essere discepoli di Gesù ha il suo fondamento nell’amore: nell’amore che il Padre ha per Gesù e Gesù ha per noi. Questo amore ci avvolge e ci penetra riempendoci completamente: “Rimanete nel mio amore” ripete Gesù: Lo aveva detto poco prima nell’immagine della vite e dei tralci (brano evangelico ascoltato domenica scorsa). “Io sono la vite e voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto” (Gv 15,5).

Rimanere in Gesù significa più di stare accanto a lui, significa nutrirsi di quella linfa vitale che alimenta i tralci e che produce grappoli buoni di uva. La linfa vitale è l’Amore per eccellenza: quell’amore che è lo stesso Spirito Santo e che circola dal Padre nel Figlio e viene donato per sovrabbondanza anche a noi, purché rimaniamo in Gesù.

Questa è dunque la prima e principale condizione per portare frutti di opere buone: rimanere in Gesù ed alimentarsi a lui e al suo vangelo. Se questo rimanere è autentico allora, di conseguenza, osserveremo certamente i comandamenti del Padre, che si riassumono in amare Dio con tutto il cuore e tutte le nostre forze e amare il prossimo come noi stessi: ce lo ha spiegato lui, Gesù.

Questo brano evangelico ci lascia una certezza: non siamo servi timorosi di un Dio padrone, siamo amici di Gesù amati immensamente fino al punto che ha dato la vita per noi.

Personalmente a me colpisce ancora di più un altro aspetto. Gesù niente ci nasconde: “Io vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi”.

È questo il senso dell’amicizia più intima.