La familiarità della divina presenza. (di P. Marco Pasquali)

Se fossimo  di fronte ad un film diremmo che alla fine di questa scena il regista ha deciso di bucare la 4° parete; cioè negli ultimi versetti di questo passo l’evangelista smette di raccontare e si rivolge a coloro che stanno leggendo per offrire loro una spiegazione su quanto accade. Nella fattispecie risponde ad un interrogativo che molti si sono posti: ma perché Gesù invece di raccontare tutte queste storielle, non “spiega bene le cose”? .

Per esempio perché non ha fatto una specie di enciclopedia dove venivano spiegate bene tutte le cose? Il primo motivo di questa domanda nasce dal fatto che più che appartenere al mondo semitico dove la cui sapienza veniva veicolata dal racconto, siamo figli della cultura greca di Aristotele dove questa trova espressione nel trattato. Ma proviamo ad andare ancora più oltre partendo dal punto che l’obbiettivo di Gesù è “farsi intendere”. Tutte queste parabole e similitudini riguardano scene di vita ordinaria: qui si parla di agricoltura, ma in altri passaggi troviamo anche pesca, pastorizia, insieme a scene di vita domestica, di viaggi e persino di fatto di cronaca, ecc.

Non è solo per una questione legata alla familiarità con cui la gente aveva con questi elementi, ma per la loro “ferialità”. Sono tutte scene troppo normali che non vale la pena nemmeno raccontare in un film; qui di solito troviamo solo i grandi fatti che aggiungono elementi essenziali alla storia. Non troviamo ad esempio il ritrovamento di una moneta, o la protagonista che fa il pane o un fatto apparentemente banale come il semplice crescere del frumento. Ci aspettiamo infatti che il divino sia nei grandi fatti della vita, nei passaggi forti, sia brutti che belli, dove si vede forte la presenza di Dio.

Invece il divino si fa ordinario, anzi, è una presenza famigliare, amica, abitudinaria, che è quel palcoscenico dove si svolge la maggior parte della vita per costituirne il cemento che tiene insieme tutta la struttura. Ci piace pensare a Dio come ad ospite illustre che bussa alla porta, ma le parole di Gesù ci rimandano l’immagine di un famigliare che ha la chiave di casa e che quando entra non fa così tanto clamore perché è membro della nostra famiglia. Sta allora a noi uscire dalla diabolica mentalità della “routine” dove si ripete “la stessa cosa”, per stupirsi di una presenza fedele e famigliare, che non è mai ovvia, perché ogni volta attuata come scelta d’amore.