Io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te!

Commento di Marco Staffolani al Vangelo di Domenica 25 Settembre, XXV Domenica T.O Anno A

La parabola inclusa nel vangelo di oggi ci parla di misericordia che non ha a che fare con meritocrazia.  Detto in altre parole: la libertà di Dio nell’aiutare e soccorrere gli ultimi non è influenzata dal numero delle loro opere, dal merito che possono vantare davanti a lui

Nella parabola il “signore della vigna” chiama tutti a lavorare. Si mette d’accordo con i primi, che iniziano all’alba per la paga di una moneta d’argento. Poi, volendo soccorrere tutti, chiama a lavorare anche i disoccupati che trova alle 9, a mezzogiorno, alle 3 e alle 5 di pomeriggio. Con questi si accorda per una paga che lui stesso definisce “giusta” senza specificare altro.    

Alla sera gli operai ritornano dalla vigna. Il padrone è un uomo giusto e anche generoso, e dobbiamo suppore che conoscesse fedelmente la legge di Israele che diceva : “Non sfrutterai il salariato povero e bisognoso … Gli darai il suo salario il giorno stesso, prima che tramonti il sole, perché egli è povero e attende ciò con impazienza. Non alzi grida al Signore contro di te: sarebbe grande il tuo peccato!” (Dt 24,14-15). 

Il padrone dunque chiama l’amministratore e gli ordina di pagare i lavoratori, incominciando dagli ultimi e terminando con i primi . L’ordine dei chiamati è capovolto, e questo fa sì che i primi possano osservare quale salario il padrone corrisponderà a quanti hanno lavorato meno di loro. 

L’amministratore, secondo l’ordine ricevuto e quindi secondo la legge di Israele, comincia con il dare un denaro agli operai dell’ultima ora (cioè il minimo affinché anche il più povero sia tutelato). 

Quelli che hanno lavorato fin dal mattino presto però pensano di dover ricevere una paga più alta: hanno lavorato più ore, dunque meritano di più! Si crea in loro un’aspettativa, ben presto delusa, in quanto il Padrone dà a tutti la stessa paga. Il padrone non ha motivo di essere incolpato di ingiustizia, infatti si era messo d’accordo con i primi per un singolo denaro, e poi con i successivi aveva promesso di dare “ciò che era giusto”. Avendo attenzione degli ultimi da la stessa paga perché tutti abbiano di che mangiare per tutta la giornata. 
Essendo libero di fronte alle sue cose, invita a coloro che si erano lamentati a vedere che lui non aveva fatto nessun torto. Li invita a non essere invidiosi, cioè a non guardare con occhio cattivo il suo agire buono. Tutto questo  permette che … gli ultimi siano diventati i primi e i primi gli ultimi. D’altronde Gesù era venuto per quelli che erano bisognosi, non per coloro che si considerano già giusti. 

Nel regno di Dio l’ordine di importanza è rovesciato, perché esso possa servire a costruire relazione: il padrone impedisce che qualcuno si arricchisca a sproposito perché non diventi per loro superfluo e vanaglorioso, e va invece incontro a coloro che non potrebbero superare la giornata senza il minimo di provvidenza portato da quel denaro. 

Ecco come ragiona Dio: davanti a lui tutti i suoi figli sono preziosi, non ci sono preferenze, se non nell’ordine di una misericordia che rialza e riqualifica ogni persona.