I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù. (di p. Marco Pasquali)

Ci troviamo nel mezzo del “presepe” composto da Luca dove le motivazioni del viaggio non sono drammatiche come quelle di Matteo, ma riguardano l’adempimento a richieste della burocrazia romana, all’interno di un viaggio che conosce sì qualche intoppo, ma è nel complesso sereno, dove la gloria di Dio presente nel bambino in fasce viene rivelata agli ultimi, i privilegiati del regno di Dio. In questi versetti vediamo infatti descritto quell’ atteggiamento che coglie chi sperimenta la grandezza della misericordia di Dio, che in Luca parte dagli utlimi; di fronte a questo gli uomini non trovano le parole per esprimerlo ed ecco lo stupore (il θαυμάζω), ben reso dalla lingua inglese che parla di “awesome” cioè pieno di “awe” (meraviglia), dove quest’ultima parola si pronuncia come quel suono inarticolato che emettiamo quando siamo sopresi (“oh” appunto). Tutti ne sembrano rapiti tranne una persona, Maria, che invece viene descritta intenta a compiere due operazioni: conservare tutto quello che accadeva dentro di sè (ricordiamo che il cuore non era la sede dei sentimenti ma indicava quello che oggi chiamiamo “io”) (il συντηρέω) per poter collocare questi eventi all’interno di un mosaico per capire il significato (il συμβάλλω). Questo accade per due motivi, legati alla particolarità di questa donna. Per prima cosa per la sua famigliarità con il mistero santo di Dio, al punto di Luca nell’Annunciazione collocherà la meraviglia non nell’apparire di Gabriele, ma nel messaggio che le portava. Ma soprattutto per via del ruolo che lo Spirito Santo ha nella sua vita: quell’ “essere posta sotto l’ombra” (ἐπι-σκιά-ζω) della potenza di Dio rappresenta non un momento legato al concepimento di Gesù, ma una condizione permanente che riecheggia il salmo 57 che dice “mi rifugio all’ombra delle tue ali finché sia passata la difficoltà”. E’ un “abitare” quello di Maria, che gli consente – come dice letteralmente il vangelo di oggi – non solo di “mettere insieme” i singoli eventi, ma ancora più di avere fede in un disegno che si va componendo con frammenti che incontra via via nella sua storia. In quanto creatura non gode della “visione” della volontà di Dio, per cui come noi, cerca di comprendere il senso di quello che accade, ma in quanto Madre di Dio – titolo che oggi festeggiamo – lo Spirito agisce con forza in lei, al punto da permettere alla sua fede di intravedere l’esistenza e i contorni di tale disegno. Questa docilità allo Spirito, sarà quell’eredità spirituale che saprà passare attraverso la sua maternità a suo figlio in modo da farlo crescere in “sapienza e verità” da vero uomo.