Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia! di Marco Pasquali – II domenica dopo natale (2 Gennaio 2022)
La prima domenica dell’anno viene a proporci quello stesso vangelo – il prologo di Giovanni – che abbiamo letto nella messa del giorno di Natale. Questo brano, che contiene quasi tutti i temi fondamentali della rivelazione, ci viene a ricordarci di una novità che è entrata nella storia: Dio si è fatto uomo e da questo momento la sua gloria diviene visibile attraverso quella carne che di per sé non è Dio, ma che diventa non solo trasparente alla rivelazione del divino, ma anche strumento di mediazione per entrarci in relazione efficace.
La nascita del successore di un Sovrano, veniva sempre accolta con gioia dal popolo: non solo perché si aveva la possibilità di partecipare ai festeggiamenti, ma perché quella nuova vita rappresentava la speranza che quei difetti e quelle manchevolezze nel sovrano precedente sarebbero state sistemate una volta che il potere sarebbe passato in mano a questa nuova persona che avrebbe avuto quanto meno una mentalità più moderna (diremmo oggi).
Ma questa nascita assume un significato diverso nel caso di Gesù; infatti in Dio non c’è nessuna forma di manchevolezza (altrimenti non sarebbe Dio), anzi si parla di quella stessa “pienezza di grazia e di verità” che sono propri di Dio e che lo scrittore ha avuto l’occasione di vedere nella persona di Gesù.
Per prima cosa queste qualità non restano chiuse nella sua persona, come invece accadeva nel caso della famiglia reale dove il benessere circolava all’interno della sua famiglia e gli altri – se andava bene – potevano solo sperare in qualche ricaduta positiva. Nel caso di Gesù questa pienezza è un dono che viene ricevuto da tutti coloro che scelgono di parteciparvi – i credenti appunto – che la sperimentano in diverse occasioni della loro vita questa pienezza.
Ci accorgiamo di questo annuncio quando andiamo a tradurre un po’ più fedelmente all’originale l’espressione “grazia su grazia”. La parola χάρις è strettamente legata ad un’altra dal suono simile χαίρω, che è quella usata dall’angelo nel saluto Maria (che traduciamo in latino con “Ave”) e che rappresenta un invito ad esultare di gioia. La parola “grazia” indica infatti la capacità di cogliere quella gioia che si diffonde da una bellezza e positività già presente.
E’ un po’ come accade con la presa elettrica:
non basta che ci sia la corrente, ma occorre che
si abbia la spina giusta per poterne usufruire.
La grazia è quell’ “adattatore” che ci consente di far entrare questa energia dentro di noi. Ma questa non è un qualcosa che riguarda solo i tempi passati, coloro che hanno potuto assistere all’evento e di cui noi oggi celebriamo il ricordo. Infatti tra i due termini χάρις e χαίρω troviamo la particella ἀντὶ che nell’uso che ne fanno gli autori biblici significa “prendere il posto”: le sfide della vita sono sempre nuove e per questo ci viene data sempre una “nuova grazia” per tirare fuori la gioia e l’energia da qualunque evento, in modo che possa essere inserito all’interno di questo movimento vitale rappresentato dalla presenza del divino in mezzo noi.
E’ allora un augurio da tenere sempre in considerazione all’inizio di un nuovo capitolo per essere consapevoli di questo dono, per vivere la missione di far rientrare persone viventi all’interno di questa gioia fondamentale di cui ci viene fatto dono nella persona del Cristo.